Ricordi

graziella zanaboni

Video



E’ stato il marito, Roberto Pastori, a farmi conoscere sua moglie Graziella Zanaboni e le sue Opere artistiche.
Presenziai alle varie mostre, acquistai alcune sue Opere e diventammo amici di Famiglia.
Seppi che Graziella era in ricerca del “senso della vita”, poiché quello che aveva fino ad allora scoperto non era per lei un senso pieno, soddisfacente, sebbene la vita di Famiglia poggiasse sulla fede e sui valori cristiani vissuti.
Verso la pienezza degli anni, la ricerca artistica la fece “approdare” a una intensa ricerca spirituale: il Signore stesso le si fece incontro ed anche le sue Opere dimostrano questo.
In particolare, da allora in poi esse rispecchiarono la sua contemplazione della Creazione, ma anche della Redenzione operata da Cristo Gesù: di ciò ne è un esempio, non solo la rappresentazione dei “Misteri del S. Rosario” sulle vetrate laterali nel “Santuario S. Maria del Suffragio” di Vanzago, ma anche il dipinto di “San Tommaso Apostolo” che ora troneggia sulla grande parete dietro l’altare della “Chiesa di Valdarenne” in Vanzago. Questo dipinto, eseguito in collaborazione con l’amica pittrice Fr. Lucchini, rappresenta il Cristo Risorto (1Cor 15,3-53), che invita l’incredulo Tommaso Apostolo ad avvicinarsi a Lui ed a toccare quel costato che era stato trafitto quando morì in croce: quindi a constatare che Cristo è Risorto e che, pertanto, invia lo Spirito Santo alle Chiese (Gv 14,15-26).
La caratteristica di Graziella Zanaboni è stata proprio quella di dipingere Tommaso che, inginocchiato, mette il dito nel costato di Gesù per cui, finalmente, lo riconosce come Risorto (Gv 20,19-28), quale primizia della Risurrezione di ogni soggetto umano, come dice l’Apostolo Giovanni ( Gv 5, 28-29).
L’altra caratteristica di Graziella è stata quella di porre la “Croce” immediatamente alle spalle del Risorto per dire che “è proprio in virtù di essa” che Cristo è risorto e che risorgerà tutta l’umanità.
Colpisce maggiormente il fatto che, in modo “ispirato”, Graziella abbia posto sulla croce - come rappresentanti della Creazione – i colori dell’arcobaleno per dirci in tal modo che anche la “Creazione parteciperà alla Redenzione dei figli di Dio”, come ha detto l’Apostolo Paolo ai Romani (Rm 8,19-22).
Quando iniziò la malattia inguaribile che la portò proprio alla Risurrezione che dipinse, Graziella mi confidò che ebbe un incontro speciale con il Signore: di notte, nella camera buia, le apparve dapprima una “Luce”, poi sempre più in modo visibile, le apparve distintamente il volto di Gesù. Da allora ella visse come se già fosse un po’ partecipe del futuro della Risurrezione tanto che, da quel momento il silenzio era la sua prerogativa insieme al sorriso.
Un giorno, a malattia inoltrata, ebbe a dire: “Non vedo più la Luce”, facendoci temere che fosse diventata cieca; invece ella si riferiva alla “Luce” del volto del Signore, che ritrovò subito dopo come un fatto divenuto quotidiano, Luce che non l’abbandonò più fino alla sua dipartita per la vita di Risorta. Deve essere risorta subito dopo la sua dipartita dal mondo, visto che alla celebrazione Eucaristica del funerale, proprio mentre il celebrante elencava i parenti presenti, i suoi figli, Clara e Marco, hanno avuto la percezione che anche la loro madre fosse presente come già Risorta.
Ringraziamo il “Datore” di tali Doni.

Adele Colombo Teologa e Psicologa


Graziella: un volto, un pensiero, un’arte, uno spirito, una vita…
La sua personale “ricerca”, cioè la sua vita, ha manifestato una volontà tenace nell’entrare con gradualità ad esplorare il “bello e l’infinito” con l’innocenza di chi percepisce la meraviglia di una scoperta di senso come amore, passione e novità; ciò la trasferisce dalla materia, dall’umano, al divino; questo ha suscitato e fatto sorgere in lei, uno spirito dell’attesa e il compimento di un anelito profondo.

È stata un’immersione nell’essere compiuto e perfetto dell’eternità.
La sua scalata al vertice del suo cammino interiore è anche l’esperienza della croce, del sacrificio estremo di sé .
Ella la prese su di sé questa croce, quasi a bilanciare la potenza spirituale raggiunta per un senso vero alla scommessa maturità della sua vita.
La tenerezza degli affetti più cari, la condivisione dei doni ricevuti, ha esteso nel suo operare la sua poliedrica forza dell’amore.
Le sue opere manifestano studio, osservazione, dolcezza di sentimenti, il bello del vivere con la siepe della vera amicizia e fraternità.
Tratto silente e comunicativo, diventa “memoria” ed espressione di chi si lascia guidare sempre più alle sorgenti inebrianti dei confini dell’arte per oltrepassarli, in un abbraccio di verità estatica rigenerante e creativa.

Don Antonino Martellozzo


Quando si incontra una persona carica di fascino si viene rapiti; e più la si conosce e più si rimane meravigliati dalla sua umanità e semplicità.
Poi si scopre la sua attività: io ho avuto la fortuna di incontrare Graziella, artista di rare capacità (pittrice e scultrice) che sapeva trasmettere i suoi pensieri, le sue idee anche ai suoi “ascoltatori”. Come tutti gli artisti di un certo spessore, nel concepire le sue opere (meravigliose), ne descriveva l’esecuzione con una storia che accompagnava la realizzazione.
Graziella aveva rapito la mia curiosità con la sua simpatia, con ciò che mi diceva, ed aspettavo con trepidazione il momento finale della realizzazione delle sue opere e di tutto ciò che esprimevano.
Oltre tutto questo è arrivata l’amicizia vera, che si allarga a tutta la famiglia.
Ed ecco un’altra sua virtù: il saper creare gruppo dove regna la gioia in ognuno di farne parte, e gioire di tutto quello che ne deriva.
Una delle sue opere più belle è stato il periodo in cui ha saputo domare con tanto amore la sofferenza, infondendo forza a chi le stava vicino, sorridendo a ciò che l’aspettava, sapendo che dopo tutto sarebbe stato più bello e più amore avrebbe potuto donare ai suoi cari.
Ciao Graziella.
Grazie di tutto.

Emilio Borsani


Prima di lasciarci Graziella mi incaricò di scolpire un’opera che rappresentasse il suo percorso di vita, con la finalità di renderla riconoscibile ai suoi concittadini, una volta collocata nel luogo di riposo.
Adesso che mi trovo davanti a questo massello di marmo rosa, tra una bocciardata e una scalpellata, avvolto da una nuvola di polvere, il mio pensiero si rivolge ad un’amica che aveva trovato nell’arte un grande motivo di vita.
Lei, come la pietra, seppur dura, rimaneva colpita da una meteora granitica a forma sferoidale, che la feriva ma non la spezzava.
Con tutte le energie ha combattuto con fermezza e positività quello che il destino le aveva riservato.
Nell’opera questo momento è rappresentato da una linea verticale che all’altezza della sfera devia il suo percorso senza rompersi e da delle figure poste nella parte alta del monumento, che cercano di aggrapparsi al massello stesso.
Allo stesso modo Graziella ha combattuto in ogni attimo aggrappandosi con ottimismo alla vita.
Durante la realizzazione del monumento sono stato più volte colto dai ricordi delle situazioni lavorative che in tanti anni di collaborazione ci hanno visto vicini, della passone per la pittura e per la scultura di Graziella, della sua ricerca nell’inserire figure e riferimenti materici nelle sue tele.
Quest’attività introspettiva mi ha permesso di inserire nel monumento riferimenti concreti e ricorrenti in grado di rappresentare la brillante fantasia di Graziella, come ad esempio: una cerniera, corpi in composizione e delle piccole sfere scolpite.
L’impatto della meteora sul corpo del monumento causa una fuoriuscita di linfa vitale, rappresentata da un rivolo d’acqua che scende verticalmente verso la base, incontrando nel suo percorso il seme di un frutto. Il frutto riceve nuova energia dalla linfa vitale, il frutto non è altro che l’eredita preziosa che Graziella ci ha lasciato.

Gino Corsanini, scultore


Ho conosciuto Graziella alcuni anni fa a Vanzago, mentre si organizzava la Mostra di Pittura, Scultura e Poesia dal titolo “Arte senza confini”.
Per la prima volta entrava la poesia e Graziella ne era affascinata. Suggeriva di far scendere le poesie dall’alto, perché riteneva che i versi appartenessero al cielo o da esso ne erano pregni.
Sensibilità e fantasia stavano unite nella sua mente e le guidavano i sensi a percepire il bello che ci circonda e a fissarlo sulla tela.
Come pittrice era sempre alla ricerca di ciò che la natura custodiva tra le sue pieghe e che svelava a chi era attento, curioso e innamorato della vita e della luce.
Graziella è cresciuta in un secolo in cui restare intellettualmente liberi è stato uno vero sforzo, fatto di onestà intellettuale e di grande valore morale.
I regimi totalitari, manifesti o meno, hanno agito sull’uomo negandone l’individualità, in alcuni casi ne hanno annientato l’identità; è stata inventata la psicanalisi e i media ci hanno immerso in uno pseudo-immaginario collettivo nel tentativo di cancellare l’Io, ingrandendone a dismisura l’Ego.
Innegabile è stata l’influenza di queste politiche sugli artisti. Per rimanerne fuori bisognava lottare e affidarsi alla propria cultura, cercare nell’anima la forza di rappresentare forme e oggetti non solo in quanto tali, ma per quanto vogliono dirci, raccontarci, essere parte attiva della nostra esistenza.
Di Graziella mi è rimasto negli occhi un dipinto strano, pieno di luce, il cui soggetto era l’ultimo stadio dell’onda sulla rena. Un respiro di quieta accettazione dello scomparire dell’acqua in migliaia, milioni di bollicine, per ritornare silenziosamente nel grande mare da dove era uscita nel vano tentativo di impossessarsi della terra.
Un inutile sforzo, poiché tutto sarebbe terminato sulla spiaggia. Vedevo però nell’onda la forza della ricerca, nella luce la gioia e la speranza, nelle bollicine l’accettazione dell’apparente inutilità dello sforzo. Mi piaceva e ne ero attratto.
Ecco, l’arte deve dare gioia. Guardare un quadro è aspettarsi da esso una risposta e la si trova nell’emozione, nella curiosità, nella ricerca.
Graziella si era cimentata bene e con successo anche nelle opere astratte. I suoi accostamenti di colori non erano fine a se stessi, ma un vero e proprio canto di emozioni. E’ l’infinito che parla, specialmente nelle sue vetrate, è un suggerimento continuo che ha come artefice la luce, questa forza misteriosa che ci contiene e ci rende felici.
Graziella ce la fa amare ancor di più questa luce e ce l’addita come fosse il senso dell’esistere e forse ha avuto ragione. Non si spiegherebbe altrimenti il continuo sacrificio e lavoro degli artisti, non ci sarebbe una reale giustificazione alla loro incessante ricerca.
L’astratto non è un non essere per gli artisti. L’astratto è il vasto campo di ricerca dell’anima. E’ anche ciò che si contrappone alla realtà o, se vogliamo, la risposta che tutti cercano a giustificazione della propria esistenza.

Adriano Molteni


Per ricordare Graziella...
Nel cammino di collaborazione che percorreva l'affascinante avventura dell'arte, le nostre vicende familiari e del quotidiano, si intrecciavano spesso con le condivisioni dei momenti di gioia, di successo, ma anche di momenti di fatica e di amarezza. In questa consapevolezza, mi esalta tuttavia la 'luce' degli avvenimenti più belli, frutto anche della nostra collaborazione che privilegiava l'obiettivo comune di dare spazio alla vera 'Bellezza' e comunicarla agli altri perchè potessero sentirsi emotivamente o moralmente arricchiti. Ora, Grazy, mi tornano in mente i momenti vissuti negli ultimi anni, specie quelli delle nostre vetrate: tu mi 'riappari' al limitare della rampa del giardino di casa tua. Mi ricordo mentre sistemo la bici in un angolo e salgo verso di te. Mi aspetti, ferma, mi colpisce subito il tuo sorriso. Mi sento attesa, accolta e provo emozione. Questa immagine mi si 'stampa' dentro: icona lievemente trasfigurata da una sofferenza accolta nel profondo, quasi come dono, che lascia trasparire una serenità che sorprende. E da parte mia 'celo' una 'spes contra spem'. Inizia il nostro lavoro, meditato, approfondito, perfezionato, amato. E poi... l'amicizia da lungo tempo tenuta accesa e alimentata dalla stessa Fede e dal comune amore per l'arte. Grazie! Grazy

1 agosto 2014 - Francesca Lucchini


Un ricordo “vivo”
E' difficile parlare di una presenza "passata", quando la senti e la vedi "vicina", quando la cogli nelle vetrate del Santuario che ancora apporta ritocchi e sceglie dettagli, quando la "incontri" sorridente nei luoghi che l'hanno vista protagonista. Si sente il "profumo" delle persone, quasi fossero un'aura intelligibile ma viva e non credo basti l'Arte a spiegarne il senso, forse neanche la dimensione di fede. Lasciare un segno di sé nelle persone e nelle cose è un grande dono; lasciare di sé "tutto" è un miracolo, che l'umiltà e la modestia di una grande Donna, di una vera Artista, hanno reso possibile. Grata per averti conosciuta

Enza Sesti


27 settembre
Ciao Graziella, buon compleanno. Ci manchi tanto. Sei sempre nei nostri cuori, e ovunque andiamo tu sei presente. Hai dato a tutti noi una forte testimonianza di fede. Non ti dimenticheremo mai. Per me oltre che cognata sei stata una grande sorella e zia. Sono certa che da Lassù vegli sulla tua bella famiglia e su tutti noi. Grazie per tutto quello che ci hai dato. Ti voglio tanto bene, ciao ancora

la tua Riccarda